Di infosfera, realtà mista e metaverso

fluid-img

Nell’ultimo articolo che ho scritto ho parlato di quello che, secondo me, è il mondo in cui ci approcciamo a vivere. Un mondo, anzi un universo, “misto”, nel senso che è composto da un miscuglio di infosfera (quindi di realtà e di digitale) e di strumenti che cambiano o reinventano la nostra visione del mondo. Una realtà mista, quindi.

Riguardo a questo, è interessante prestare particolare attenzione alle parole di Mark Zuckerberg in una recente intervista:

Il futuro dell’azienda [Facebook Inc., ndr] andrebbe ben oltre il suo attuale progetto di costruire una serie di applicazioni sociali connesse e qualche hardware per supportarle. Invece, ha detto, Facebook si sforzerà di costruire un insieme massimalista e interconnesso di esperienze prese direttamente dalla fantascienza - un mondo conosciuto come il metaverso.

Fonte The Verge

Partiamo dal termine più interessante, cioè “metaverso”. Il termine, in effetti, viene proprio dal mondo della fantascienza. È Neal Stephenson in “Snow Crash” a trattarlo per primo. Il testo è un interessante racconto Cyberpunk ambientato in un’America ultracapitalistica condito dai migliori ingredienti che ben conosciamo, noi amanti del genere: territori nazionali trattati come franchise di corporazioni, grossi elettromagneti alla base della maggior parte delle tecnologie (automobili incluse), cose elettriche che volano (come gli skateboard) e, appunto, il metaverso, cioè l’internet del futuro, una realtà virtuale condivisa tra tutto il mondo e disponibile attraverso terminali privati o pubblici.

Il Metaverso quindi, è un mondo completamente estraneo a quello reale: una volta entrati si impersona un avatar di se stessi e si vive una vita parallela: bar, negozi, altri avatar e sport praticati in una realtà diversa. Una realtà dentro la realtà, un nuovo universo dentro il nostro universo. Ecco, metaverso.

Quando vi parlavo, sempre nel precedente articolo, del fatto che la nostra infosfera sta per espandersi mi riferivo proprio a questo concetto: con lo sviluppo, la diffusione, l’efficacia e, spesso, anche l’economicità di questi strumenti che ci permettono di finire in un altro mondo (letteralmente), sarà sempre più facile trovarsi a fare i conti con un mondo diverso che, prima o poi, è destinato a fondersi.

Ma torniamo a Facebook.

Zuckerberg, nell’intervista a The Verge che ho citato prima, sta mostrando al mondo una visione ben precisa: vuole che Facebook diventi, da qui a pochi anni, una delle prime (se non LA prima) realtà del metaverso: entrando in questo mondo con, perché no, uno dei suoi dispositivi, Facebook vuole essere in grado di offrire all’utente un’esperienza tale e quale a quella che Stephenson ci ha raccontato in Show Crash, un nuovo universo, dove interagire con altri avatar, comprare (e vendere) oggetti digitali, parlare con altre persone, toccarsi e chissà quale altra cosa.

Da utente abituale di quella che a tutti gli effetti è una prova tecnica di metaverso, non riesco a non vedere l’audacia della posizione presa dal colosso web: ad oggi esistono strumenti (gratuiti, anche) per essere, in qualche modo, fisicamente presenti tutti insieme in riunione pur se lontani, grazie alla realtà virtuale. Il nostro rapporto con queste cose sta mutando drasticamente e in modo incisivo, non permettendoci di comprendere che, molto a breve, avremo davvero un altro universo non regolamentato di cui preoccuparci.

Le sfide sono molte e nessuna di questa è secondaria: un nuovo internet riconcepito da zero apre le porte al grande interrogatorio sul suo eventuale governo (o la sua assenza), sulla possibilità di sacche di estremismo che diventano casse di risonanza, sulla disinformazione che ne può uscire trionfante e vincitrice.

I temi sono tanti, ma il soggetto, in fin dei conti, è uno solo. È internet che evolve, che cambia la pelle facendone crescere una nuova fatta di vera partecipazione e lasciando indietro quella vecchia, composta ormai di una struttura troppo simile a quella “offline”.

Il metaverso, è, con tutta probabilità, una parte del nostro mondo che dovremo, presto o tardi accettare.

Saremo pronti? Non ha importanza.