Dunning-Kruger, Darwin e il misticismo dei negazionisti

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I tempi «interessanti» in cui viviamo ci conducono quotidianamente davanti a fenomeni che sembrano avere dell’inspiegabile: dagli individui che brulicano sui social snocciolando verità (e non opinioni) in ogni ambito, ai cortei negazionisti di persone convinte di essere «più informate» di tutti gli altri… La sensazione che si ha nell’osservare – a freddo – certi accadimenti è che si sia rotto qualcosa nel tessuto sociale contemporaneo. Come se le cose stessero andando in un modo inedito: come se le persone fossero cambiate, possedute da una vanità mai vista prima, dimostrando il loro presunto sapere schiacciando di rimando il sapere «istituzionale» - cioè quello degli «esperti».

Molto ci sarebbe da dire in merito a tutto questo. La conformazione delle reti sociali, la costituzione delle filter bubble sempre più stringenti, la mutazione delle modalità comunicative degli opinion leader (politici, culturali ecc.). Ma ciò che risulta particolarmente evidente è il dilagarsi endemico di un particolare approccio che gli esseri umani hanno nei confronti della realtà: un bias cognitivo che, non riconosciuto dai singoli, sta decretando la morte della figura dell’«esperto». Si tratta del (purtroppo ormai troppo noto) «effetto Dunning-Kruger».

David Dunning e Justin Kruger sono due psicologi statunitensi che, tra fine anni Novanta e primi anni Zero, hanno condotto una serie di esperimenti volti a comprendere una particolare attività degli esseri umani: il sentirsi esperti in una materia senza assolutamente esserlo, elidendo le proprie mancanze conoscitive, e auto-traducendosi come depositari di un qualche sapere mai effettivamente esperito. Insomma: i «tuttologi di Internet», i «NON CIELO DICONO!», e così via.

Dunning e Kruger hanno mappato queste tendenze, riscontrando una vera e propria distorsione meta-cognitiva che caratterizza la maggior parte degli esseri umani: chi è davvero esperto di qualcosa ha timore di saperne troppo poco; chi non è per nulla esperto è invece convinto che le poche nozioni (magari false) che maneggia siano assolutamente sufficienti per sbaragliare ogni argomentazione altrui.

Questo fenomeno acquisisce soltanto ora una sorta di fisionomia “clinica”, ma in realtà attanaglia le menti degli esseri umani da sempre: da Shakespeare (che diceva «Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio») a Darwin («L’ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza»), l’effetto Dunning-Kruger circola nelle menti umane da sempre, è come se facesse parte della nostra natura a prescindere dalla conformazione sociale in cui viviamo.

C’è però da sottolineare come soltanto negli ultimi anni questa distorsione abbia preso un potere decisivo e impattante nelle democrazie occidentali. Non si tratta più di una tendenza di qualche umano da poter condensare in un aforisma letterario: l’effetto Dunning-Kruger è, oggi, uno degli aspetti più nocivi (se non pericolosi) della nostra società.

L’incapacità di tracciare lucidamente i contorni delle proprie competenze genera l’impossibilità di esperire compiutamente la realtà che ci circonda. L’annichilimento della figura degli «esperti» (i «professoroni!!1!!1!») è ciò che attualmente risulta più visibile nella superficie sociale (specialmente in uno stato pandemico!) dove chiunque cerca consolazione nel sapere.

Una «consolatio», avrebbe detto il filosofo medievale Boezio, del tutto legittima: ma che dovrebbe causare un’aggregazione attorno ai «competenti certificati». Invece, nel mondo in cui la navigazione online globalizzata determina un’infosfera imputridita da selvagge fake-news e dove i singoli hanno (giustamente) difficoltà di discernimento, si verifica un dramma strano: ognuno impacchetta il proprio bagaglio di conoscenze, soggettivo, condiviso nella propria bolla con chiunque abbia adiacenza con il proprio personale ventaglio di credenze.

L’«esperto», che per definizione dovrebbe maneggiare un sapere «oggettivo», è dunque percepito come un mistificatore della realtà: un servo di un qualche potere occulto che vuole costringere le «persone comuni» a credere cose non vere.

La cosa più inquietante dell’esplosione capillare dell’effetto Dunning-Kruger non è però (soltanto) questo: è il godimento che genera nelle persone che ne sono vittima.

Avete mai guardato un no-vax o un negazionista-Covid negli occhi? Vi parlerà del suo “sapere” con il luccichio di un mistico che ha incontrato Dio tra le fiamme sacre di un fuoco che non brucia.