Come cambiano le reti

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Siamo arrivati a porre il problema del rapporto tra innovazione tecnologica e trasformazione sociale ed economica. Il processo, tipicamente, può essere riassunto in queste fasi:

Un dato bisogno sociale (la disponibilità di testi scritti, l’analisi di dati) viene soddisfatto con una certa tecnologia (la copiatura dei manoscritti, i grandi calcolatori);

Si sviluppa una soluzione tecnologica capace di produrre meglio, di più e con costi inferiori (il torchio da stampa, il microprocessore);

I prodotti di questa tecnologia diventano più pervasivi, ne trasformano le filiere produttive e gli stessi prodotti. Così nascono gli stampatori/editori, le leggi sul copyright, i romanzi e i trattati scientifici; oppure i personal computer, i videogiochi, le reti informatiche diffuse;

Tutto ciò ha influenze profonde, estese e impreviste sul complesso della società. E così abbiamo la rivoluzione scientifica, la Riforma protestante e tutte le trasformazioni della prima modernità da una parte, la digitalizzazione e le altre trasformazioni a cui stiamo assistendo oggi dall’altra.

Naturalmente, ognuno di questi stati può passare al successivo solo se si verificano certe condizioni. Come abbiamo visto per la tecnologia della stampa, che ha rivoluzionato l’Europa ma non la Cina. Tipicamente, queste condizioni possono essere riassunte in due categorie: le crisi e i paradigmi alternativi. In altre parole, è necessario che a) si crei un vuoto, mettendo in crisi una realtà esistente e b) sia possibile riempirlo con qualcosa di nuovo.

La dinamica dell’innovazione

Nel caso della stampa, in Europa il vecchio apparato dei monasteri e delle università, in cui si producevano i manoscritti e che era controllato dalla Chiesa, perse la sua centralità. I nuovi stampatori crearono una nuova rete di scambi intellettuali, bisognosa di nuovi saperi. Parallelamente, la disintermediazione dell’accesso ai testi sacri, grazie alla diffusione di copie della Bibbia tradotte in lingue correnti, diede ali alla Riforma. In Cina, la produzione di testi scritti è rimasta per secoli all’interno della casta dei funzionari, per cui la nuova tecnologia si limitò a rendere più efficienti processi consolidati.

Ma che cosa sono le crisi? A che condizioni possono provocare un crollo del sistema? Anche qui, la teoria dei network può dare delle risposte.

I diversi sistemi

Diciamo che esistono tre tipi di sistemi:

quello gerarchico-lineare, con una struttura rigida fatta di sequenze non modificabili (per esempio un motore, in cui l’iniezione deve sempre precedere l’accensione) o da un’impostazione “piramidale” in cui il vertice domina su tutto. Il primo tipo di struttura è fortemente esposto ai guasti: basta che una parte cessi di funzionare perché tutto si inceppi. Il secondo può essere rovesciato con una rivoluzione, come mostra bene la storia europea tra il Sedicesimo e il Ventesimo secolo. In altre parole: se si afferma un modo migliore di fare le cose rispetto a quello in voga nel vecchio sistema, questo viene contestato nel suo complesso e tanti saluti.

quello delle reti casuali, in cui i diversi nodi hanno una scarsa variabilità di connessioni. Per esempio, una rete elettrica funziona così, con una gerarchia abbastanza rigida e nodi di importanza simile allo stesso livello. Queste reti entrano in crisi con maggiore difficoltà rispetto ai sistemi rigidi visti in precedenza, dato che non sono lineari e sono meno rigidi. Insomma, se si rompe un singolo elettrodotto, la corrente può essere suddivisa sugli altri. Per citare Barabási (Link, p. 122), “[…] lo sfaldamento di una rete non è un processo graduale. La rimozione di una piccola quantità di nodi non provoca grandi traumi, ma se il numero dei nodi eliminati raggiunge un punto critico, il sistema può collassare di colpo frammentandosi in piccole isole sconnesse. I guasti nelle reti casuali rappresentano l’inverso di una transizione di fase: al di sotto di una soglia critica il sistema resta relativamente indenne. Al di sopra, la rete salta”.

ma come abbiamo visto, il grosso delle reti sociali non è composto da sistemi casuali ma da reti a invarianza di scala, nei quali un piccolo numero di nodi ha molte connessioni. Qui i guasti casuali fanno pochi danni, dato che i nodi minori possono saltare senza grandi complicazioni e la loro prevalenza fa sì che sia molto più probabile “pescare” un nodo minore che un grande hub. Barabási nota che queste reti sono molto resistenti ai guasti ma estremamente vulnerabili agli attacchi mirati, dato che la caduta dei grandi hub ha effetti di sistema devastanti.

Due crisi diverse

L’introduzione della stampa ha fatto esattamente questo: ha colpito i vecchi hub della rete del sapere occidentale producendo un nuovo network tipografico. Parallelamente, la più grande istituzione verticistica e rigida della storia dell’occidente, la Chiesa Cattolica, è stata attaccata frontalmente e messa in crisi strutturalmente dalla Riforma e dal suo modello decentrato.

Passiamo alla crisi finanziaria del 2008, che questo paper della Banca mondiale legge attraverso la lente della teoria dei network. Qui la struttura è abbastanza chiara: gli istituti finanziari di tutto il mondo sono estremamente connessi. La crisi di istituti minori, come Lehman Brothers, è stata assorbita senza problemi ma, quando è toccato a hub primari, come Morgan Stanley, è stato necessario salvarli. In altre parole, non tanto “too big to fail” ma “too connected to fail”.

Insomma, l’imperativo è stato quello di salvare gli hub: l’asimmetria delle reti a invarianza di scala, che rende i ricchi sempre più ricchi e i poveri più poveri, si ribadisce nelle crisi.Ciò ovviamente ha innescato il famoso moral hazard: dato che avevano la sicurezza di essere salvati in ogni caso, gli istituti principali hanno ricominciato a riempirsi di titoli tossici e gli altri li hanno seguiti, cercando disperatamente di diventare abbastanza grossi per essere salvabili.

Un nuovo paradigma?

Da qui si è passati alla fase successiva: al posto del bail-out (si salva la banca con i soldi pubblici), si è arrivati al bail-in (si usano i capitali interni), per evitare che il ricatto degli hub asservisse definitivamente la politica e gli stessi stati nazionali e organizzazioni internazionali ai capricci della finanza. La reazione è stata la vendita massiccia di titoli di stato per ricapitalizzare le banche, con la conseguente crisi del debito sovrano.

Quest’ultima fase può essere davvero paragonata agli attacchi mirati di cui si diceva prima. Infatti, sono stati deliberatamente colpiti gli stati più deboli di un sistema fortemente connesso (l’Unione Europea) contando sul fatto che, proprio per le loro forti connessioni, la BCE sarebbe intervenuta a sostegno dei paesi in crisi. Qui la risposta della banca centrale ha di nuovo sparigliato le carte: il sistema di LTRO e OMT (il famoso “bazooka” di Draghi) viene distribuito in tutti gli stati dell’UE. Ciò rafforza il network nel suo complesso, evitando di concentrare le risorse sui punti della crisi e quindi rendendo meno remunerativa la scommessa della finanza.

Questi due passaggi hanno di fatto rivoluzionato il funzionamento della finanza mondiale, dando un ruolo inedito alla BCE e alle istituzioni europee e determinando l’introduzione di un nuovo paradigma. Il modello del network a invarianza di scala è rimasto comunque invariato e questi interventi hanno semplicemente definito un efficace sistema di protezione. Resta allora la domanda fondamentale: come si fa saltare un network di questo tipo? Come si crea un nuovo paradigma?