L’apprendimento supervisionato e gli hobbit evasori fiscali

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Abbiamo parlato di algoritmi, linguaggi di programmazione, input, output, funzioni, reti neurali… e adesso è giusto chiedersi: ma come fa, in concreto, una macchina a imparare? Come può un computer imparare qualcosa e ripeterla nel tempo?

Gandalf il Grigio direbbe che uno stregone non arriva mai in ritardo o in anticipo, ma esattamente quando deve arrivare. Beh, questo vale anche per il Machine Learning: bisogna parlarne quando si è compiuto un preciso percorso di nozioni – non prima, non dopo.

Il Machine Learning è qualcosa che sa quasi di epico: ci è necessario utilizzare parole come «addestramento», «ricompensa», «errore», come se si parlasse di un viaggio eroico, molto simile a quello compiuto da Frodo Baggins ne Il Signore degli Anelli.

Ci sono tre tipologie di «apprendimento» a cui una macchina può essere sottoposta. E qui parleremo del primo: l’Apprendimento Supervisionato.

Questa tipologia di apprendimento consiste nel dare alla macchina sia una serie di dati (input) sia il risultato che noi ci aspettiamo che lei ottenga dopo aver maneggiato quei dati (output).

La macchina proverà, proverà, proverà, tante volte: all’inizio il suo output sarà lontano da quello che volevamo, ma provando molte volte si avvicinerà sempre di più al risultato atteso, fino a coglierlo pienamente. Un vero e proprio addestramento.

Un po’ come quando a Frodo viene detto che dovrà gettare l’Anello nel Monte Fato (output) e gli vengono fornite da Gandalf le informazioni riguardo la strada da compiere e i pericoli che potrà incontrare (input): Frodo, nel suo percorso dalla Contea a Mordor, sbaglierà molte cose, acquisendo però al contempo esperienze utili per non ripetere gli errori.

Questo apprendimento, basato sulle azioni sbagliate e sui pericoli corsi, gli permetterà di raggiungere il suo risultato – e potenzialmente riprodurlo altre volte, anche se, onestamente, non credo proprio che Frodo si getterebbe una seconda volta in un’avventura durante la quale ha rischiato di morire decine e decine di volte!

La nostra macchina che apprende in modo supervisionato non rischia la morte, ma soltanto la nostra ira quando vediamo che il suo addestramento procede un po’ lento e in modo ottuso: ma fa parte del gioco, poiché tutto dipende dal tipo di azione che abbiamo richiesto all’intelligenza artificiale – se si tratta di una richiesta particolarmente complessa, se il nostro «dialogo» avviene del tutto in linea con il suo linguaggio di programmazione, se l’impostazione è sorretta da una adeguata rete neurale ecc.

Proviamo un esempio concreto per capire come funziona effettivamente un algoritmo allenato con Apprendimento Supervisionato.

Forniamo alla macchina i dati che caratterizzano le creature «Hobbit»: altezza, età, caratteristiche fisiche e comportamentali, origine ecc.

Forniamo poi i dati che compongono le creature «Umane», allo stesso modo – rendendo sempre ben chiaro se quello che stiamo inserendo è un «hobbit» o un «umano».

La macchina imparerà, nel suo percorso accidentato da errori, a riconoscere un hobbit o un umano: metabolizzando tutti i dati e riuscendo ad accostarli a una figura o un’altra.

A quel punto, se inseriamo i dati di una creatura senza specificare di cosa si tratta, il computer sarà capace di comprendere autonomamente sé è un hobbit o un umano: saprà comprendere che se è alto ottanta centimetri, vive in una casa con la porta rotonda, ha i piedi enormi e fuma l’erbapipa… non può essere un umano, il quale, per il computer, in base ai dati assimilati, ha ben altre caratteristiche.

Immaginiamo ora di sostituire a «hobbit» qualcosa come «evasore fiscale» e a «umano» invece «non evasore»… Potremmo ipotizzare di creare un’intelligenza artificiale in grado di capire, in base ai dati dei precedenti «evasori» e «non evasori», chi attualmente sta evadendo o meno le tasse. E infatti qualcosa del genere esiste eccome, per fortuna, nel nostro mondo – mentre invece, nella Contea dove vivono gli hobbit, molto difficilmente qualcuno avrà mai sentito parlare di «tasse» (sì, scusate, questa è un’altra storia, ma quando si ha a che fare con le IA è necessario tenere allenata una skill importantissima: la fantasia!).